L'edificio, costruito nel 1580 su progetto dell'architetto tricasino Ercole Cassano, è dedicato alla Vergine Assunta. La facciata, simmetrica e disadorna, è interrotta da un finestrone di gusto tardo-rinascimentale, e dal portale seicentesco con timpano spezzato, all'interno del quale campeggia un gallo, stemma civico della città di Gagliano del Capo. Sul lato destro della facciata è incastonato un piccolo bassorilievo in pietra del XIV secolo raffigurante San Nicola, proveniente dall'antica chiesa parrocchiale che sorgeva al cospetto di quella attuale. Sul lato di ponente sono visibili la torretta del pubblico orologio, risalente al 1834, e il campanile, edificato nel 1819. L'interno ha una navata unica lungo la quale si aprono otto brevi cappelle ospitanti altari di notevole pregio storico-architettonico. Degni di nota sono gli altari delle Anime sante e di san Rocco, in stile Rococò, realizzati dallo scultore alessanese Emanuele Orfano durante il XVIII secolo. Meritano attenzione anche le sculture lignee del Crocifisso e del Cristo alla colonna, realizzate durante il Primo Seicento dallo scultore gallipolino Vespasiano Genuino, e collocate sull'altare della Passione.
Due leggende, legate alla chiesa parrocchiale, hanno contribuito a far attribuire agli abitanti di Gagliano il soprannome di "capu vacanti", cioè teste vuote. La prima racconta che un gruppo di contadini finì coll'impiccare un asino nel vano tentativo di farlo arrivare fin sopra il campanile affinché si cibasse dell'erba che era cresciuta sui cornicioni; la seconda riporta che gli abitanti del posto cinsero la chiesa con delle funi e cercarono di cambiarne l'orientamento al fine di rendere visibile la facciata dal corso principale della città.
Il protettorato di Gagliano del Capo è affidato a san Rocco di Montpellier, santo taumaturgo vissuto nel XIV secolo, e invocato contro la peste. Il 12 ottobre 1749, il Capitolo di Gagliano otteneva da Roma la concessione ufficiale della padronanza di San Rocco sulla città. La colonna del santo, collocata sull'omonima piazza, fu eretta nel corso dell'Ottocento. Alla base della statua lapidea, che raffigura il santo con gli attributi tipici del pellegrino, campeggia l'iscrizione "Eris in peste patronus 1825", frase che un angelo lasciò sul corpo del santo ormai privo di vita.